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Racconto Erotico – Fai sesso con una suora

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La notte avvolge il convento come un manto di silenzio, rotto solo dal fruscio del vento che si insinua tra le pietre antiche. Le candele tremolano nella cappella, gettando ombre danzanti sui muri, mentre l’odore di cera e incenso riempie l’aria. Io sono Suor Maria Barbara, una giovane suora di venticinque anni, il mio cuore consacrato a Dio, la mia vita dedicata alla preghiera e al sacrificio. Ma sotto il mio abito nero, sotto il velo che nasconde i miei capelli castani, ribolle un fuoco che non riesco a spegnere, un desiderio oscuro che mi tormenta nelle notti solitarie, quando le mie mani, traditrici, sfiorano la mia pelle e il mio corpo freme di una fame che non dovrei provare. Sono vergine, pura, ma dentro di me brucia un vuoto che implora di essere colmato. Tu sei qui, un parrocchiano chiamato per riparare il tetto della cappella, devastato da un temporale feroce. Ti vedo entrare nella penombra, le tue mani callose da carpentiere che reggono assi di legno, i tuoi capelli illuminati dal bagliore delle candele. Il mio cuore sussulta, un battito che non dovrebbe esistere, e prego in silenzio: Signore, dammi la forza. Ti accolgo con un sorriso timido, l’abito che mi avvolge come una prigione, il velo che nasconde i miei capelli castani e mossi, i miei occhi verdi che sfuggono ai tuoi. “Grazie per essere venuto,” dico, la voce tremante, un sussurro che tradisce il mio imbarazzo. “Il tetto… è un disastro. Spero tu possa aiutarci.” Ti indico la stanza accanto alla cappella, dove un tavolo di legno e due sedie austere ci aspettano. “Ti va un tè freddo? È alla pesca,” chiedo, cercando di mantenere la compostezza, la purezza che la mia vocazione impone. Ma i tuoi occhi mi trapassano, e sento un calore peccaminoso che mi sale dal petto al viso, arrossando le mie guance pallide. Signore, proteggimi, prego mentalmente, ma il tuo sguardo è una tentazione che fa vacillare il mio spirito.Ci sediamo, il silenzio rotto solo dal tintinnio del ghiaccio nel bicchiere. “Noi suore… non dovremmo parlare con estranei,” dico, abbassando lo sguardo, “ma questa è un’urgenza.” Le mie mani tremano mentre stringo il bicchiere, e una candela tremola sul tavolo, una goccia di cera bollente che cade sulla mia pelle. “Aia!” esclamo, sussultando, la mano che brucia. Mi alzo di scatto per pulirmi, e il velo scivola, cadendo a terra, rivelando i miei capelli castani che si spargono sulle spalle come un’onda proibita. Ti fermi, il tuo sguardo si fa intenso, quasi predatorio, e io arrossisco violentemente, chinandomi per raccoglierlo. “Scusa… sono stata maldestra,” mormoro, le mani che tremano di paura e di un’attrazione che non voglio ammettere. Ti alzi, ti avvicini, troppo vicino, e la tua mano sfiora la mia spalla. Mi ritraggo, il cuore che batte all’impazzata. “Non so cosa vuoi fare, ma… stai al tuo posto,” dico, la voce incrinata, ma il tuo calore mi avvolge, e il mio corpo tradisce la mia fede. “Per favore… è un peccato,” sussurro, ma le tue mani sono audaci, insistenti, e mi attiri a te. Le tue labbra sfiorano le mie, e io mi irrigidisco, un ultimo baluardo di resistenza. “Ho detto fermati!” imploro, ma il tuo desiderio mi travolge, e la mia volontà si spezza. Sono una donna di carne, Signore… perdonami.Le tue mani ruvide strappano la cintura del mio abito, il tessuto nero che cade come un simbolo della mia fede infranta, lasciandomi in una sottoveste bianca, così sottile che i miei seni, gonfi di un desiderio represso, premono contro il cotone, i capezzoli duri che tradiscono la mia lussuria. Mi spingi verso il letto della mia cella, un giaciglio spartano che diventa un altare profanato. Mi sdraio, il cuore che martella, e tu ti inginocchi tra le mie gambe, sollevando la sottoveste, esponendo le mie cosce pallide, mai toccate da un uomo. Le tue labbra baciano l’interno della mia coscia, la tua barba che graffia la mia pelle sensibile, e io gemo, un suono che è un misto di vergogna e piacere. “Signore, perdonami,” prego, ma le tue dita trovano le mie mutandine, le strappano via, e il tuo respiro caldo accende la mia vagina, già bagnata di un desiderio che non posso più negare. La tua lingua mi sfiora, lenta, e io sussulto, le mani che stringono le lenzuola. “Oh, Dio… è troppo,” ansimo, il mio corpo che si inarca, la mia purezza che si dissolve sotto i tuoi tocchi. La tua lingua esplora ogni piega, il mio clitoride che pulsa, e io mi perdo, i gemiti che sfuggono nonostante le mie preghiere. “Non dovrei… ma è così bello,” gemo, il piacere che mi trafigge l’anima per sei minuti, ogni leccata un passo più vicino al peccato.Mi alzi di scatto, il tuo movimento brusco che mi spaventa e mi eccita. “Inginocchiati,” dici, la voce ferma, e mi spingi davanti a te, la tua mano che preme sulla mia testa. “Voglio che mi prendi in bocca.” Il mio cuore si blocca, le lacrime mi pizzicano gli occhi. “No… è contro la mia vocazione,” imploro, ma il tuo sguardo è inflessibile, e io cedo, il tuo cazzo eretto, grosso e pulsante, davanti alle mie labbra. Lo sfioro, esitante, la mia lingua che accarezza la punta, il sapore salato che mi sconvolge. “Signore, perdonami per questo sacrilegio,” prego tra i singhiozzi, ma succhio con una fame che mi spaventa, la mia lingua che scivola lungo l’asta, il calore che mi riempie la bocca. “Devi imparare,” dici, guidandomi, e io obbedisco, la mia bocca che si muove con devozione, ogni succhiata un misto di vergogna e piacere. “Lecca le palle,” comandi, e io mi ritraggo, sconvolta. “No, ti prego…” sussurro, ma mi spingi, e la mia lingua esplora la tua pelle ruvida, il sapore che mi umilia e mi eccita. “Ora il culo,” esigi, e il mio cuore implora clemenza, ma sono persa. La mia lingua sfiora la tua intimità, un atto osceno che mi fa piangere, ma il mio respiro accelera, il piacere che mi consuma per sei minuti, ogni movimento un’ulteriore caduta.Mi rialzi, mi sdrai di nuovo sul letto, il tuo corpo sopra il mio. Il tuo cazzo, durissimo, sfiora la mia apertura vergine, e io tremo, il cuore che batte all’impazzata. Entri piano, e io grido, un misto di dolore e un’estasi peccaminosa che mi squarcia. “Oh, Dio… è troppo,” ansimo, ma il tuo membro scivola dentro, bagnato dal mio desiderio proibito. Le tue mani afferrano i miei fianchi, accelerano con furia, e un fuoco mi divora. “Più forte,” imploro, persa, ormai tua. I tuoi colpi diventano profondi, le tue palle che sbattono contro di me, contro il mio corpo che fino a poco fa era puro. “Signore, perdonami!” grido, ma vengo con un urlo selvaggio, il mio corpo che si contorce, la mia vagina che ti stringe, pulsante. Sento il tuo sperma caldo inondarmi, il tuo cazzo che pulsa dentro di me, e io piango, di gioia e di colpa, per sei minuti, ogni spinta un’esplosione di piacere e peccato.Rimaniamo avvinghiati, il nostro respiro che si placa lentamente. Mi accarezzi i capelli, e io so che questo è il nostro segreto, un peso che porterò sull’anima. “Devi andare… il tetto ha bisogno di te,” sussurro, la voce rotta, il mio cuore spezzato dal peccato e dal piacere. “La mia congregazione… deve essere al sicuro.” Ma dentro di me so che questo momento mi ha marchiata per sempre. Ti alzi, e io chiudo gli occhi, pregando per la redenzione, ma sapendo che una parte di me, quella fatta di carne, non dimenticherà mai questo fuoco.


Rimasi sdraiata sul letto, il corpo ancora tremante, il profumo di te che si mescolava all’incenso della cappella. Il mio abito giaceva sul pavimento, un simbolo della mia caduta, ma il mio cuore, nonostante il peso della colpa, batteva ancora per quel momento. Sapevo che avrei dovuto cercare il perdono, inginocchiarmi davanti all’altare, ma una parte di me, quella più umana, più viva, custodiva il tuo tocco come un segreto prezioso. Ti guardai uscire dalla cella, il tuo passo deciso, e sussurrai un’ultima preghiera: Signore, guidami… ma non lasciarmi dimenticare questo peccato.

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