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Racconto Erotico – Fai scopare la tua fidanzata al tuo migliore amico, lei non è d’accordo

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La notte avvolge la città come un velo di seta nera, il ronzio lontano delle strade si mescola al tintinnio dei bicchieri in un bar elegante, un’oasi di luci soffuse e odori intensi: whisky, cuoio, un filo di fumo che danza nell’aria. Io sono Barbara, la tua ossessione segreta, seduta accanto a te su un divanetto di velluto rosso. Il mio vestito nero aderisce alle mie curve come una seconda pelle, il tessuto accarezza i miei seni pieni, una quarta che preme contro la stoffa sottile, i capezzoli appena visibili, duri sotto il tuo sguardo. La gonna corta scopre le mie gambe lunghe, lisce, leggermente abbronzate, che accavallo lentamente, sfiorando la tua coscia con un tocco che sa di promessa. I miei capelli castani, mossi e profumati, ti sfiorano la spalla, il mio profumo di vaniglia che ti stordisce, un richiamo irresistibile. Sorseggio il mio drink, il ghiaccio che tintinna nel bicchiere, e i miei occhi verdi si perdono nei tuoi, un misto di desiderio e incertezza.

“Cosa?” dico, posando il bicchiere, le guance che si arrossano, il cuore che batte forte nel petto. “Dovevamo essere solo io e te… non passiamo mai del tempo insieme.” Scuoto la testa, ma il mio sguardo resta incatenato al tuo per un istante, prima di abbassarsi, le mani strette in grembo. “Non capisco perché non voglia mai stare solo con me… i tuoi amici li vedi tutti i giorni,” mormoro, la voce che trema di un’emozione repressa. “Stai scherzando, vero?” aggiungo con un sorriso nervoso, ma il mio stomaco si stringe quando vedo lui, il tuo migliore amico, avvicinarsi al nostro tavolo con passo deciso. I suoi occhi mi trapassano, intensi, famelici, e il mio corpo si irrigidisce accanto a te, il mio profumo che si fa più intenso, un misto di vaniglia e un lieve odore di sudore che rende l’aria elettrica. “Cosa ci fa lui qui? Non si sente a disagio a stare con noi due?” domando, spostandomi sulla sedia, il vestito che si tende sul mio seno, e so che stai notando ogni mia curva.

Con un sorriso educato, mi presento: “Piacere, sono Barbara.” Lui si siede vicino a te, e subito iniziate a scherzare, ridendo come ragazzini, sussurrandovi all’orecchio, e io mi sento esclusa, un nodo di gelosia e desiderio che mi stringe il petto. Se solo non ti amassi così tanto, me ne sarei già andata, penso, mentre il tuo amico fa un apprezzamento sfacciato sul mio corpo. Rimango basita, immobile, lo shock mi paralizza. Aspetto che tu lo fermi, ma non lo fai. Mi fissate entrambi con sorrisi stupidi, e io esplodo: “Cosa vi aspettate che faccia? Avete deciso di umiliarmi?” Ridete, e tu mi chiami “la solita pesantona”, le parole mi feriscono come lame. Avete bevuto troppo, la situazione sfugge di mano, e il tuo amico, con voce roca, mi dice all’improvviso di fargli un pompino, aggiungendo che tu sei d’accordo. Divento rossa, un misto di rabbia e imbarazzo che mi travolge, i vostri sguardi seri mi inchiodano. Non ce la faccio più. “Devo andare, siete due stronzi,” dico, afferrando la borsa e alzandomi di scatto. I miei tacchi risuonano sul pavimento lucido mentre corro fuori dal bar, l’aria fredda della notte mi schiaffeggia il viso, il cuore che martella nel petto. Sento i vostri passi dietro di me, rapidi, decisi, mentre mi seguite nel parcheggio, un angolo buio e isolato.

Il mio respiro è spezzato, la paura che si mescola al desiderio represso. Una mano mi afferra il braccio, e indietreggio, urlando: “No, lasciatemi stare!” Mi rifugio in un vicolo accanto, illuminato solo da un lampione lontano. “Vi prego, lasciatemi andare… siete ubriachi, vi perdono, ma lasciatemi tornare a casa,” piagnucolo, una lacrima mi riga il viso, ma i vostri occhi non guardano il mio volto, solo il mio corpo. Mi spingete contro il muro, il cemento ruvido e freddo mi graffia la schiena, le tue mani che mi tengono ferma. “No, vi prego… non voglio,” gemo, scuotendo la testa, il mio seno che preme contro il tuo petto, il calore della mia pelle ti avvolge. Il tuo amico è accanto a te, il bozzo evidente sotto i suoi pantaloni, e il mio profumo di vaniglia, misto a un odore eccitante di sudore, ti stordisce. Il mio vestito viene sollevato, e scopri che non porto mutandine, l’aria fredda mi sfiora la fica nuda, il suo profumo dolce e umido che ti colpisce come un richiamo. “Basta…” provo a ribellarmi, ma sei più forte, e mi trattieni, le tue parole crude: “Sei una troietta, te la sei cercata.” Chiudo gli occhi, desiderando che questo incubo finisca, ma sento una lingua calda sfiorare la mia fichetta stretta, scivolando lenta sul mio clitoride. Sei tu, in ginocchio davanti a me, mentre il tuo amico mi strappa il vestito, liberando i miei seni. Il tuo sapore mi riempie la bocca, dolce e salato, e gemo, soffocata, incerta se mi piaccia o se sia solo paura. “Oddio, no…” ansimo, la mia pelle liscia e calda, il clitoride pulsa sotto la tua lingua avida.

Le mie mani si aggrappano al muro, le unghie graffiano il cemento. “Guardati, Barbara, così disperata…” penso, umiliata da me stessa. Mi piegate in avanti, e il tuo cazzo è davanti al mio viso, duro, pulsante, con un odore maschile di sudore e desiderio. Lo conosco bene, l’ho succhiato spesso, ma mai così, mai per strada, con un altro che ci guarda. Il tuo amico mi spinge la testa verso di te, il suo pacco duro preme sulla mia testa, ancora chiuso nelle mutande. Mi arrendo, e la mia bocca, umida e calda, si chiude attorno alla tua cappella. La mia lingua strofina lenta, girando attorno, succhiando con forza, la saliva che cola lungo la tua asta, gocciolando sulle tue palle pelose. “Senti come ti avvolgo…” gemo, e il tuo cazzo si indurisce ancora di più, i miei capelli castani che ti sfiorano le cosce. “Vi prego, basta…” piagnucolo, ma il tuo amico mi spinge ancora, facendomi quasi soffocare. Mi fate alzare, sollevando la gonna fino alla vita, e senti il mio culo, sodo e morbido, che ti preme contro. La tua mano accarezza la mia pelle liscia attorno al mio ano, e mi penetri lentamente, il mio corpo si tende, poi si rilassa. Piango, mentre il tuo amico libera il suo uccello enorme, venoso, e me lo sbatte sul viso. Mi prende per i capelli, spingendomelo in bocca, e io smetto di resistere, la gola invasa dal suo ritmo brutale. Senti la mia vagina stretta, il calore che ti avvolge, e il mio ano che si contrae attorno a te, ogni movimento mi fa tremare. Mi spingete a quattro zampe sul pavimento sporco, il cemento è freddo sotto le mie ginocchia. Togli il cazzo dal mio culo, entrando nella mia vagina, stretta e bagnata, ogni colpo profondo, i tuoi peli pubici sfregano la mia pelle liscia. L’umidità cola lungo le tue palle, il suono bagnato dei nostri corpi che echeggia, mentre il tuo amico continua a scoparmi la bocca. I miei seni, liberi e oscillanti, sfiorano il cemento, i capezzoli duri che bruciano contro la superficie fredda. “Mi fa male la mandibola,” imploro, ma continuate, trattandomi come una troia da strada. Mi sollevate, schiacciandomi tra voi, una gamba alzata da te, la mia coscia liscia contro il tuo fianco. Senti la mia fica e il mio ano, stretti, che vi accolgono mentre mi penetrate insieme, il ritmo alternato mi fa urlare, i capelli castani appiccicati alla schiena sudata, l’odore di vaniglia sopraffatto dal sesso. “Sei solo una sgualdrina, Barbara, vero?” penso, gli occhi pieni di lacrime, il corpo si arrende all’umiliazione. Mi spingete in ginocchio, il pavimento mi graffia la pelle. “No, non fatemi questo…” piagnucolo, ma mi spingi l’uccello in bocca, il sapore dei miei umori mi invade. Senti la mia lingua sulla tua cappella, scivolando lungo l’asta fino alle palle, che succhio piano, la saliva cola sul mento e sul pavimento. L’altro cazzo mi penetra la fica da dietro, i miei gemiti vibrano sul tuo membro. Mi girate, sdraiandomi sul pavimento, le gambe aperte, il vestito strappato scopre il mio seno, la mia fica, il mio culo. Senti la mia pelle calda e sudata mentre mi penetri la vagina, i colpi lenti che diventano veloci, il mio clitoride gonfio che pulsa sotto le tue dita, l’umidità cola lungo le mie cosce. I miei seni si muovono a ogni spinta, i capezzoli sfiorano il tuo petto mentre ti chini su di me. Mi rimettete in ginocchio, esausta, i capelli castani appiccicati al viso sudato. “No, vi prego, non in bocca…” dico, ma i vostri cazzi sono davanti al mio viso, duri, pulsanti, l’odore intenso mi riempie. Senti la mia bocca che ti avvolge, la lingua che strofina la tua cappella, mentre mi scopi la bocca con forza.

Quando vieni, il tuo sperma caldo mi riempie la gola, salato e denso, che ingoio con un gemito, mentre l’altro schizza sul mio viso, colando sul mento e sul collo. “Non potete…” piango, ma mi tenete ferma. Poi, un liquido caldo mi colpisce i capelli, il viso, colando lungo la fronte e le guance. L’odore pungente dell’urina mi avvolge, e le vostre risate crude echeggiano nel vicolo. “Guardati, Barbara, pisciata in faccia dal tuo ragazzo e dal suo amico,” penso, umiliata, i capelli bagnati appiccicati al viso, la pelle brilla sotto il liquido giallo. Mi lasciate lì, tremante contro il muro, il vestito strappato, il viso bagnato di lacrime, sperma e urina. Senti il mio respiro spezzato, il profumo di vaniglia ormai perso. “Siete… siete orribili…” mormoro, mentre vi rimettete i pantaloni e indietreggiate. Mi alzo con fatica, evitando i vostri sguardi, i tacchi echeggiano mentre mi allontano. Entro in macchina, resto un attimo immobile, poi parto, fuggendo il più lontano possibile, il tuo calore è ancora impresso sulla mia pelle, un ricordo che brucia di vergogna e desiderio.

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