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Racconto erotico – L’ascensore

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Era un martedì come tanti, un giorno qualunque che prometteva solo ordinaria amministrazione. Ma io, Barbara, sapevo che dentro di me covava una scintilla pronta ad accendersi. A ventotto anni, i miei capelli castani e mossi mi accarezzavano le spalle in una danza sensuale, e i miei occhi verdi possedevano una capacità persuasiva che raramente falliva. Ero consapevole del mio seno prosperoso e sodo, che la scollatura della mia camicetta lasciava intravedere, un invito silenzioso ma potente. Quel giorno, un colloquio importante mi attendeva presso un’azienda di finanza nel cuore della città. Indossavo un tailleur nero che aderiva al mio corpo come una seconda pelle, una camicetta bianca di seta trasparente che sfidava le convenzioni (e l’assenza del reggiseno), e tacchi vertiginosi che mi facevano sentire potente, invincibile.

Mi diressi verso l’ascensore, un cubo di metallo lucido e freddo che si ergeva come un monolite. Entrai e premei con sicurezza il pulsante per il nono piano. Ma proprio mentre le porte stavano per chiudersi, due uomini si infilarono all’ultimo secondo.

Un sussulto di sorpresa mi attraversò.

Uno era alto, con capelli biondo scuro che gli sfioravano il colletto della camicia, e occhi grigi come l’acciaio, penetranti. L’altro, più robusto, emanava una forza terrena, la barba curata e mani grandi che stringevano una cartella di pelle costosa. Entrambi indossavano abiti che trasudavano potere, cravatte di seta annodate con precisione. Dirigenti, senza ombra di dubbio.

“Grazie,” disse il biondo, un sorriso appena accennato che gli increspò le labbra.

“Prego,” risposi, abbassando lo sguardo con una timidezza studiata, un velo di civetteria.

L’ascensore riprese la sua corsa. Ding. Quinto piano.

Poi, l’imprevisto.

Una SCOSSA violenta ci scosse come burattini. Le luci sfarfallarono, creando un’atmosfera inquietante. L’ascensore si fermò di colpo con un cigolio metallico, un gemito di lamento. Un allarme lontano risuonò ovattato.

“Che cazzo” ringhiò il più robusto, la voce roca e carica di frustrazione.

Il biondo premette freneticamente i pulsanti, ma l’ascensore rimase immobile, una trappola di metallo sospesa nel vuoto. “Siamo bloccati.”

La preoccupazione mi assalì, ma una parte di me sentiva anche una strana eccitazione crescere. Mi morsi il labbro inferiore, fingendo ansia. “Oh no… e adesso il mio colloquio?”

I due uomini mi sorrisero, ma non sfuggì al mio sguardo attento il modo in cui i loro occhi scivolarono sul mio décolleté. La camicetta era fin troppo sottile, e i miei capezzoli, eccitati dall’imprevisto, si intravedevano chiaramente.

Un silenzio denso calò sull’ascensore, rotto solo dal leggero ronzio dell’impianto. Poi, il biondo si schiarì la gola, spezzando la tensione. “Dovrebbero risolvere in mezz’ora.”

Mezz’ora. Un tempo che, in circostanze normali, sarebbe volato via. Ma in quell’ascensore, in quell’atmosfera carica di elettricità, sembrava un’eternità. “Dovrei fare in tempo per il colloquio,” pensai. “Fortunatamente arrivo sempre molto in anticipo.”

La situazione si faceva sempre più imbarazzante, la tensione nell’aria palpabile. Non era solo la preoccupazione per il colloquio, ma anche l’essere intrappolata in quello spazio ristretto con due uomini così affascinanti e potenti che mi mandava letteralmente in subbuglio. I loro occhi che mi scrutavano da capo a piedi stavano lentamente erodendo i miei freni inibitori. “Dopotutto,” mi dissi, “dobbiamo pur passare il tempo in qualche modo…”

Mi appoggiai languidamente alla parete dell’ascensore, lasciando che la gonna del tailleur scivolasse leggermente più su, rivelando una porzione di coscia liscia e seducente. “Che caldo qui dentro, non trovate?”

L’uomo robusto si toccò nervosamente la cravatta, il pomo d’Adamo che si muoveva su e giù. “Sì… molto caldo.”

Il biondo mi fissò con i suoi occhi grigi, un’intensità che mi fece tremare leggermente. “Hai caldo, Barbara?”

Sapeva il mio nome. Come era possibile? Un brivido di eccitazione mista a curiosità mi percorse.

Sorrisi, un sorriso che era una promessa. “Un po’. Forse… dovrei togliermi la giacca?”

E lo feci. Lentamente, assaporando ogni istante. La stoffa scivolò via dalle mie spalle, rivelando la camicetta trasparente che aderiva al mio corpo come una seconda pelle. I loro respiri si fecero più pesanti, il desiderio che riempiva l’aria quasi tangibile.

“E tu,” sussurrai al biondo, avvicinandomi di un passo, la voce roca e carica di seduzione, “non vuoi liberarti di qualcosa?”

Le sue dita tremarono mentre allentava il nodo della cravatta. Il robusto, più diretto, si abbassò immediatamente i pantaloni, mostrando dei boxer aderenti che rivelavano un rigonfiamento imponente. Era già duro.

L’ascensore era uno spazio angusto, claustrofobico. Così stretto che quando mi chinai a raccogliere la giacca, il mio sedere sfiorò deliberatamente l’inguine del biondo, un contatto fugace ma elettrizzante.

“Scusa,” dissi, la voce velata di una finta contrizione che sapeva di sfida. Non ero affatto dispiaciuta.

Lui emise un grugnito sommesso. “Non preoccuparti.”

Il robusto non riuscì più a contenersi. Una mano calda e decisa mi afferrò la vita, attirandomi a sé. “Sei una bella donna, lo sai?”

Sorrisi, un sorriso che era un invito esplicito. “Lo so, e tu sei molto diretto.”

E poi, la sua mano si mosse per scoprire il mio seno, e io lo lasciai fare, abbandonandomi a quel gioco pericoloso. La camicetta si aprì sotto le sue dita, rivelando i miei seni sodi e perfetti, i capezzoli rosa che si ergevano in sfida.

“Cazzo,” gemette il biondo, gli occhi incollati al mio corpo.

Gli occhi di quegli uomini erano fissi sulle mie tette, la mia pelle chiara che contrastava con il colore più intenso dei capezzoli. I due si avvicinarono. Il biondo iniziò a baciarmi dolcemente sulla bocca, mentre il robusto mi baciava il collo, tracciando una scia di fuoco con le labbra e passandomi un dito con malizia su un capezzolo.

Le mie mani si mossero sui loro pacchi, sentendo la durezza del loro desiderio sotto il tessuto. La mia eccitazione cresceva, la mia intimità si inumidiva mentre continuavano a baciarmi ovunque, sul collo, sulla bocca, nutrendosi della mia passione.

Poi li bloccai, allontanandomi leggermente. Non riuscivo più a resistere alla curiosità, al bisogno di scoprire cosa si celava sotto i loro abiti.

Mi inginocchiai lentamente di fronte a loro, offrendo loro una visione di sottomissione e potere. “Signori, vi mostro come gestisco lo stress.”

Abbassai i loro boxer, rivelando due cazzi eretti e pulsanti che mi fissavano con una prepotenza che mi eccitava. Uno lungo e affusolato, l’altro spesso e massiccio. Quella visione, quel profumo intenso di maschio, mi mandarono in estasi.

Li afferrai entrambi con le mani, le dita che li stringevano con una presa ferma ma sensuale. Iniziai a segarli lentamente, le mie labbra che sfioravano le loro aste, la mia lingua che le accarezzava con dolcezza, preparandoli, inumidendoli per ciò che sarebbe seguito. Li guardai dal basso, i miei occhi verdi che esprimevano tutta la mia eccitazione, e vidi nei loro sguardi un’espressione animalesca, un desiderio primordiale. Sapevo che li avrei fatti impazzire.

La mia bocca avvolse per prima l’uccello del biondino, più lungo ma meno spesso. Assaporai ogni centimetro della sua lunghezza, fino a sentire la cappella che mi sfondava la gola. Nel frattempo, la mia mano lavorava l’altro cazzo, accarezzandolo e strizzandolo con maestria. Succhiavo quell’asta con voracità, la mia lingua che danzava intorno alla punta, poi giù, fino alle palle.

“Porca puttana,” gemette il biondino, gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro, appoggiata alla parete fredda dell’ascensore.

Ma non era giusto dedicarmi solo a lui. Ero curiosa di scoprire il sapore del cazzo dell’uomo robusto. Cambiai, prendendo in bocca quello più spesso, sentendolo riempirmi completamente. Lui non rimase passivo, prese l’iniziativa e iniziò a scoparmi la bocca con una foga crescente, mentre io continuavo a fare una sega al biondo.

Le loro mani erano nei miei capelli, tirandomi a sé, usandomi senza ritegno. Ero diventata la loro carne da godimento, e la consapevolezza di ciò mi eccitava oltre ogni limite. Ansimavano come animali, e io godevo tantissimo sentendomi così troia, così desiderata.

All’improvviso, il biondino prese l’iniziativa. Si posizionò dietro di me e mi sollevò il culo, mentre io continuavo a tenere la testa ferma con il cazzo dell’uomo robusto che entrava e usciva dalla mia bocca. Sentii uno sputo caldo sulla mia pelle, sicuramente sul suo cazzo, perché lo sentii puntare dritto alla mia intimità, già fradicia di desiderio. Non passò neanche un secondo prima che finisse tutto dentro di me con un colpo secco.

Avrei voluto urlare di piacere, ma avevo la bocca tappata dal cazzone dell’altro. Iniziò subito a scoparmi con una violenza inaudita.

Mi scopava con vigore, il suo corpo che si muoveva su e giù, mentre mi schiaffeggiava il culo con una mano. “Troia, sei una troia,” mi sussurrava con voce roca.

“Sì, lo sono,” risposi, la voce tremante di eccitazione. “Sono una troietta eccitata, e mi sto facendo scopare davanti e dietro come una vacca in calore.”

“Sei così stretta, ma ti allargo io,” mi disse mentre aumentava il ritmo, la sua penetrazione sempre più profonda.

Di riflesso, strinsi leggermente la bocca sul cazzone dell’uomo robusto, assaporando il suo sapore salato.

Lui mi afferrò i capelli, tirandomi indietro la testa. “Apri bene questa bocca da troia.”

Obbedii, spalancando le labbra e accogliendo la sua virilità. Il suo cazzo mi riempì la gola, e sentii l’odore di uomo e della mia stessa saliva sul naso. Anche lui aumentò il ritmo nella mia bocca, spingendo con forza.

Sentivo la lingua e la gola indolenzite, ma non mi importava. Il biondo continuava a stimolare la mia intimità con le sue spinte, e io ero in estasi, mi stavano sbattendo fortissimo.

Aaaah aaaah aaah

Aaaaaaah aaaaaah aaaaah

Oddio, venni con un urlo soffocato, ma loro non si fermarono. E io ne volevo ancora.

Ma poi iniziò a farmi male. L’uomo robusto stava sbattendo con troppa forza sulle mie labbra, e i suoi peli pubici mi graffiavano la pelle. Il biondo mi stava slabbrando, anche se fortunatamente non era molto grosso, ma era dannatamente bravo.

E poi, senza preavviso, sentii uno schizzo caldo dentro la mia gola. Riuscii a malapena a iniziare a ingoiare per non soffocare.

Era moltissimo, e lo bevvi tutto.

Lui sfilò il cazzo dalla mia bocca, che rimase a pochi centimetri dal mio viso. Vidi una gocciolina di sperma sulla punta e decisi di non sprecarla.

Mmmmmm ecco, ora ho bevuto davvero tutto.

All’improvviso, il biondino sfilò il cazzo dalla mia intimità e si posizionò davanti alla mia faccia, spostando l’altro uomo. Tutto accadde così in fretta… e poi sentii un’altra sborra calda sulla mia lingua.

Riuscii a non perderne neanche una goccia… ora sì che ero piena. Scopata da entrambi, duramente, selvaggiamente… non potevo chiedere di meglio.

Mi alzai finalmente, stanca ma soddisfatta. Loro iniziarono a rivestirsi, e la situazione divenne un po’ imbarazzante. Nessuno parlava. Decisi di rompere il ghiaccio.

“Quando i tecnici ci libereranno, voi almeno sarete presentabili. Io… meno. Eheh.”

Mi sorrisero… mentre prendevo delle salviette dalla borsa per pulirmi il più possibile.

“Credo inoltre che non sia il caso di fare il colloquio in queste condizioni,” dissi, cercando di sdrammatizzare.

“Non devi preoccuparti di questo,” mi rispose l’uomo robusto, con un sorriso malizioso.

“Sei assunta.”

Mi fece l’occhiolino.

Ci misi un po’ a capire… oddio… avevo appena fatto sesso selvaggio con i dirigenti che avrebbero dovuto farmi il colloquio… che imbarazzo!

“Non essere imbarazzata, hai superato il colloquio brillantemente,” disse ora il biondo, la voce calda e profonda.

Abbassai lo sguardo, arrossendo per la vergogna e l’eccitazione. Finalmente, le porte dell’ascensore si aprirono. Sorrisi ai due uomini e mi allontanai velocemente, cercando di fuggire da quella situazione incredibile.

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