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Racconto erotico – Quando ho fatto sesso con mio cognato, alla festa di compleanno di mio figlio

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L’aria tiepida della tarda estate avvolgeva la casa, satura di voci allegre, risate cristalline e l’inebriante profumo di cibo appena preparato. Celebravamo il compleanno di mio figlio, il suo nipotino adorato. Una tipica festa di famiglia, un susseguirsi di chiacchiere leggere e sorrisi affettuosi.

Indossavo il mio abito rosso preferito, un jersey leggero che danzava sinuosamente sulle mie curve generose. I miei capelli castani e mossi mi incorniciavano il viso, scivolando maliziosamente fin oltre il décolleté, dove si intravedeva l’inizio del mio seno prosperoso. Il tacchettio dei miei sandali alti risuonava caldo sul parquet mentre mi muovevo con grazia verso il tavolo imbandito. Sotto la luce ambrata del salotto, i miei occhi verdi brillavano di una vivacità sottile.

E poi, inevitabilmente, il mio sguardo incrociò il tuo.

Eri seduto in disparte sul divano, un calice di vino rosso tra le dita, i tuoi occhi scuri persi in un punto indefinito. Mia sorella, tua moglie, era in cucina, immersa in una conversazione animata con le zie, e tu sembravi un’isola solitaria in quel mare di allegria familiare. Un sorriso sornione si dipinse sulle mie labbra mentre mi avvicinavo, il cuore che batteva un ritmo appena più accelerato.

“Ciao, cognato,” sussurrai, accomodandomi accanto a te, il tessuto del mio vestito che sfiorava il tuo braccio. “Come stai? Sembri un po’ pensieroso.”

Un sorriso timido increspò le tue labbra mentre scrollavi leggermente le spalle. “Già… queste feste di famiglia sono sempre un po’ travolgenti, non trovi?”

Portai il bicchiere alle labbra, sorseggiando un sorso di vino. “Lo so fin troppo bene. Scommetto che mia sorella ti sta già assillando con domande sul trasloco o sui lavori in casa.”

Una risata sommessa ti sfuggì, mentre scuotevi il capo. “Oh, non lei… è tua zia che continua a chiedermi se ho trovato un nuovo impiego. È… un po’ insistente.”

Mi avvicinai di qualche centimetro, abbassando la voce come se stessi per rivelare un segreto scottante. “Ascolta, ti do un consiglio da veterana di queste maratone festive: quando la situazione si fa insostenibile, ritirati. Trova un angolo tranquillo per ricaricare le batterie. È la mia strategia di sopravvivenza.”

Un sorriso più aperto illuminò il tuo viso, e la tensione nei tuoi lineamenti sembrò allentarsi leggermente. “E qual è di solito il tuo angolo di pace?”

Finsi di riflettere un istante, poi feci un vago gesto con la mano verso il piano superiore. “C’è un bagno al piano di sopra. È quasi sempre libero, e nessuno si avventura a cercarti lì. Se vuoi, posso mostrartelo. Tanto devo andare a prendere una giacca, l’aria condizionata si sta facendo sentire.”

I tuoi occhi scuri saettarono sui miei per una frazione di secondo, e intravidi una scintilla di inaspettata curiosità. “Seguimi pure…” dicesti, alzandoti dal divano con una lentezza studiata. “Un po’ di tranquillità non farebbe male.”

Mi alzai anch’io, un sorriso complice che mi increspava le labbra. “Allora, andiamo. Ti faccio da guida.”

Ci avviammo verso le scale, il brusio della festa che si affievoliva gradualmente ad ogni gradino. “È strano,” osservai a mezza voce mentre salivamo, “ma sembra quasi che stiamo per commettere qualcosa di proibito, non trovi?”

“Questo è il mio rifugio segreto,” continuai, raggiungendo il pianerottolo. “Nessuno viene mai a cercarti qui, a meno che non ci sia un’emergenza catastrofica.”

Raggiungemmo la porta del bagno, e la aprii con un gesto teatrale. “Ecco il mio santuario,” annunciai, entrando e accendendo la luce al neon. “Se vuoi, puoi fermarti qui per un po’. Io vado a prendere la giacca e torno subito.”

Facesti un passo incerto all’interno, il tuo sguardo che vagava per le piastrelle bianche. Non so come accadde, ma i nostri occhi si incontrarono, e l’atmosfera nella piccola stanza si fece improvvisamente densa, carica di un’energia palpabile.

Mi avvicinai lentamente, un sorriso che prometteva scintille sulle mie labbra. “Allora, sono o non sono una cognata premurosa?”

L’aria vibrò di una tensione inattesa. Notai un cambiamento nei tuoi occhi, una fiamma di curiosità che si accendeva, velata da un’ombra di desiderio.

“Forse…” rispondesti con un filo di voce, i tuoi occhi che non riuscivano a staccarsi dai miei. “…potrei fermarmi anch’io per un po’. Tanto sono tutti presi dalla festa. Potremmo… rilassarci un po’ insieme, che ne dici?” Dicendo queste parole, riducesti la distanza tra noi di qualche centimetro, il tuo corpo che sembrava attratto dal mio come una calamita.

Non sapevo spiegare la strana eccitazione che mi percorse la schiena all’idea di essere lì, nascosta in un bagno con mio cognato. Amavo mia sorella, certo, ma c’era sempre stata una sottile, inconfessata attrazione per te. Eri un uomo dannatamente affascinante.

Il mio respiro caldo sfiorò la tua pelle mentre notavo i tuoi occhi fissi sulle mie labbra carnose. Forse era solo la mia immaginazione, ma percepivo una vibrazione simile anche in te… vidi le tue labbra muoversi impercettibilmente, avvicinandosi lentamente alle mie, quasi a tastare il terreno proibito. Poi, con un movimento deliberato che mi tolse il fiato, iniziaste a baciarmi il collo, proprio sotto l’orecchio.

Rimasi immobile, pietrificata da un turbine di emozioni contrastanti. Il senso di colpa era una lama affilata, ma i miei ormoni ribelli lo sovrastavano, trasformando la paura di essere scoperte in un potente afrodisiaco. Sentii il tuo corpo irrigidirsi, le tue mani che si aggrappavano al bordo del lavandino come ancora di salvezza.

“Siamo pazzi?” sussurrai, alzando lo sguardo per incrociare i tuoi occhi scuri che mi scrutavano con un’intensità febbrile.

Annuisti appena, la gola troppo stretta per emettere un suono. Il tuo corpo tremava leggermente, e il tuo respiro si fece affannoso, quasi un gemito soffocato.

Un sorriso di trionfo si dipinse sulle mie labbra. Le mie si posarono sulle tue, danzando con un ritmo lento e sensuale, alternando baci leggeri a piccoli morsi delicati che ti fecero fremere. Le mie mani scivolarono lungo i tuoi fianchi, le dita che tracciavano cerchi invisibili sul tessuto della tua camicia, sentendo ogni muscolo del tuo corpo contrarsi sotto il mio tocco.

Poi mi fermai, portando lentamente le mani sul tuo petto, spingendoti con dolcezza all’indietro, fino a farti appoggiare contro la fredda ceramica del water. “Togliti i pantaloni,” comandai con un filo di voce roca. “Voglio che tu ti senta completamente a tuo agio.”

Indugiasti un istante, il tuo sguardo che saettò fugacemente verso la porta chiusa. Le note ovattate della canzoncina di compleanno salivano ancora dal piano inferiore, un promemoria del mondo che avevamo temporaneamente dimenticato. Ma poi i tuoi occhi tornarono a fissarsi su di me, attratti come calamite dalla scollatura del mio vestito, dalla curva generosa del mio seno. Obbedisti, sfilando la cintura e lasciando cadere a terra i pantaloni e l’intimo.

Oh, mio Dio. Sospettavo che fossi ben dotato, ma la vista del tuo membro eretto, circondato da una selva di peli scuri e ricci, mi tolse il respiro. Era imponente, pulsante di un desiderio palpabile. “Siediti,” sussurrai, indicando il water con un cenno del capo. “Così… il tuo bel sedere si appoggia alla ceramica.” Il mio respiro si fece sempre più corto e irregolare.

Ora ti guardavo dall’alto, i miei occhi verdi che registravano ogni dettaglio della tua eccitazione. Mi chinai lentamente, inginocchiandomi di fronte a te. Le mie dita sfiorarono la tua erezione, facendola sussultare e indurire ancora di più.

“Pensiamo solo a noi adesso,” mormorai, la mia voce un sussurro caldo contro la tua pelle. “Il mondo esterno non esiste. Questo bagno è il nostro universo segreto.” Nel dire queste parole, feci scivolare le spalline del mio vestito dalle spalle. Il tessuto leggero scivolò via, rivelando il mio seno nudo, le punte dei capezzoli turgide sotto il tuo sguardo.

Chinando il capo, sfiorai la punta del tuo membro con le labbra, sentendo il tuo sussulto. Il mio respiro caldo e leggero accarezzò il tuo pube. Aprii la bocca, accogliendo la tua erezione con un’avidità inaspettata.

“Ti piace?” ansimai tra un affondo e l’altro. “Sono più brava di mia sorella?” Un desiderio torbido di competizione si insinuò nella mia mente. “Dimmi di sì… voglio farti godere come lei non ha mai fatto.”

Leccai l’intera lunghezza del tuo membro, dalla base fino alla punta sensibile, stuzzicandoti con la lingua prima di riprenderlo in bocca con voracità.

Il desiderio mi spinse oltre ogni inibizione. Volli assaporare ogni centimetro della tua virilità. Leccai le tue palle, la lingua che danzava tra i peli ruvidi, il sapore salato della tua pelle che mi eccitava all’inverosimile. Passai la lingua sull’inguine, sul pube, ogni tocco un’esplosione di piacere proibito.

Ti allargai le cosce, spingendoti delicatamente il petto per farti appoggiare la schiena al muro freddo. Succhiavo la tua punta come fosse una caramella preziosa, poi avvolsi l’asta tra i miei seni generosi, il calore della mia pelle che contrastava con la tua.

Segai il tuo membro con le mie tette, continuando a succhiarti la punta con voluttà. Era delizioso, e tu… tu eri così bello, così eccitante.

Un rumore ovattato proveniente dal corridoio ci irrigidì entrambi. Rimanemmo immobili per un istante, il cuore che batteva all’impazzata nel timore di essere scoperti.

Silenzio

Fu un falso allarme, un’eco lontana della festa. Ma quel brivido di pericolo imminente non fece altro che accendere ancora di più la mia eccitazione. Anche per te sembrava lo stesso, il tuo membro era duro come la pietra. Con un sorriso complice, ripresi a succhiarlo con rinnovata foga.

“Senti la mia bocca umida sulla tua punta?” sussurrai, le mie tette che premevano contro il tuo corpo. “E il calore del mio seno che ti avvolge? Spero ti piaccia… perché a me piace tantissimo, cognatino…” Feci una pausa, un rossore che mi colorava le guance. “Sai cosa mi piacerebbe tanto?”

Mi vergognai un po’ a dirlo, temendo di apparire sfacciata. “No… non te lo dico…”

“Sei sicura?” ansimasti, la tua voce roca di desiderio.

“Va bene…” cedetti, il cuore che batteva all’impazzata. “…mi ecciterebbe tanto… ecco… che mi scopassi da dietro… sì… nel culo…”

“Davvero lo faresti?” La sorpresa e l’eccitazione si mescolarono nel tuo sguardo. “Oh, Dio… è una fantasia che ho da tanto tempo… mi eccita da morire…” Ti mordicchiavi il labbro inferiore. “Ma… ti piace il mio culetto? Guardalo bene.”

Mi alzai in piedi, voltandoti le spalle. Ora avevi la visuale completa del mio fondoschiena. Era rotondo, pieno, la pelle liscia e candida come il latte.

“Allora?” sussurrai, la voce tremante. “Potrebbe piacerti?”

Allargai leggermente le natiche, offrendoti una fugace occhiata al mio orifizio stretto e vergine.

Lo avvicinai al tuo viso, quasi sfiorandoti le labbra. “Se ti piace… leccalo… deve essere ben umido per far entrare il tuo… coso.”

Sentii la tua lingua timida insinuarsi tra le mie natiche. Un brivido intenso mi percorse la schiena.

“Aaah…” gemetti, la mia vagina che si contraeva per l’eccitazione, producendo un liquido caldo e lubrificante.

La tua lingua ruvida strofinò delicatamente l’apertura del mio ano. Ero così eccitata che non riuscii più a resistere. “Voglio che me lo allarghi…” ansimai.

Mi sedetti a cavalcioni su di te, il tuo membro eretto che puntava dritto al mio orifizio. Provai a farlo entrare, ma un dolore acuto mi trafisse. “Aaah… aaah…”

Non entrava… ma lo desideravo così tanto. Con le dita, presi un po’ del liquido viscido dalla mia vagina e lo spalmai delicatamente sul mio ano. “Ecco… aaaaaaah…” Sentii la punta del tuo membro scivolare lentamente all’interno. “Aaaaaah… aaah… oddio… mi viene da urlare, ma devo fare attenzione… aaaaaah…”

Iniziai a muovermi su e giù, accogliendo la tua erezione sempre più profondamente nel mio corpo.

“Senti quanto è caldo?” sussurrai, le mie mani che si aggrappavano alle tue spalle. “È tutto dentro… il mio culetto stretto… senti come scivola bene… aaaah…”

“Oddio… fermo…” ansimai, il corpo teso. “Hai sentito anche tu quel rumore?” La paura era un brivido gelido, ma paradossalmente continuava ad alimentare la mia eccitazione.

Silenzio

Un altro falso allarme. “Possiamo continuare…” gemetti, riprendendo il movimento frenetico. “Aaaah… aaah… aaah…”

“Cognato…” sussurrai, un’idea audace che mi balenava nella mente. “Voglio fare una cosa… sporca… voglio che tu venga dentro di me… nel mio culetto… e poi torneremo di sotto come se nulla fosse… e io terrò il tuo seme caldo dentro di me per tutta la sera… aaah… che ne dici? Aaaah… aaah… sì… sì… sì…”

“Aaaah… aaah… bravo… aaaah… sì… proprio così… esplodi… aaaah… aaah… bravo…”

“Oddio… siamo dei maiali, eheh…” sussurrai, il corpo ancora scosso da spasmi di piacere.

“Rivestiamoci in fretta…” ansimasti, la voce roca e affannosa.

Prima di uscire dal bagno, mi voltai verso di te, un sorriso segreto che mi illuminava il viso. “Questo sarà il nostro piccolo segreto, ok?”

Ti diedi un bacio dolce e fugace sulle labbra gonfie, poi scendemmo le scale, tornando alla festa, come se nulla di sconvolgente fosse appena accaduto tra le fredde pareti di quel bagno. Il profumo di cibo e le risate ci accolsero di nuovo, ma per me, tutto aveva un sapore nuovo, intenso, proibito. E il tuo seme caldo che riempiva il mio corpo era un promemoria costante del nostro piccolo, peccaminoso segreto.

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