(Per la versione audio interattiva di questo racconto, CLICCA QUI)
Il suono ovattato della televisione proveniva dal salotto, l’unica compagnia di papi in quell’immenso appartamento che divideva con la mia mamma. Papi… il mio dolce papi, anche se nessun legame di sangue ci univa. Da due anni era la mia roccia, il mio punto di riferimento, e il bene che provavo per lui era un fiume in piena.
Sentii la porta d’ingresso aprirsi sotto la spinta della mia mano e la mia voce ruppe il silenzio con un “Ciao papi, sono tornata.”
Mi chiese della scuola, e la sola idea della professoressa di matematica mi fece sbuffare esasperata. Lui rise, lo sapeva quanto la odiassi. Si avvicinò, la sua mano grande e calda che mi accarezzava la guancia. Sotto il suo tocco sentii la mia pelle giovane fremere. Gli sorrisi timidamente e mi strinsi forte a lui. Il suo corpo contro il mio… il mio seno, così pieno, che gli arrivava poco sotto il petto, le mie braccia che lo stringevano con tutto l’affetto che provavo. “Ti voglio bene, papi,” sussurrai, sentendo il calore di quell’abbraccio avvolgerlo.
Mi disse che la mamma era al lavoro e sarebbe tornata tardi. Cena insieme, forse Netflix… “Evviva!” esclamai, la gioia che mi illuminava il viso. Amavo passare il tempo con lui. Se solo sapesse… Se solo sapesse che quel bene si era trasformato in qualcosa di più, qualcosa di proibito e totalizzante. Dal primo giorno, il suo sguardo gentile, il suo sorriso rassicurante mi avevano rubato il cuore. Per questo non avevo mai voluto nessun altro. Per questo… ero ancora vergine.
Avevo provato, timidamente, a mandargli segnali. Qualche giro per casa in mutandine, la porta della camera lasciata appena socchiusa mentre mi cambiavo… ma niente. Lui mi trattava sempre con la stessa affettuosa indifferenza. Eppure, non potevo arrendermi. Volevo lui. Volevo che fosse lui il primo.
“Vado a farmi una doccia,” disse, alzandosi dalla poltrona. Un brivido mi percorse la schiena. Non potevo lasciarmi sfuggire questa occasione.
Lo sentii salire le scale, il legno che gemeva sotto i suoi passi. Lo seguii con lo sguardo fino a quando non scomparve al secondo piano, nella camera che divideva con la mamma. Lo sentii aprire il cassetto, prendere dei boxer e delle calze. Poi il rumore della porta del bagno che si chiudeva. Sapevo che avrebbe acceso il riscaldamento, l’aria era frizzante.
Era il mio momento. Salii le scale in punta di piedi, il respiro corto che tradiva la mia eccitazione. Mi fermai davanti alla sua camera, il cuore che batteva all’impazzata. La porta del bagno era socchiusa. Un invito? Sperai con tutta me stessa di sì. Mi avvicinai lentamente, il suono dell’acqua che iniziava a scorrere.
Sentii il calore umido avvolgermi il viso non appena aprii la porta. Una fessura appena sufficiente per spiare. Attraverso il vetro appannato, la sua figura matura si muoveva sotto il getto caldo. Il vapore danzava intorno a lui, ma io riuscivo a distinguere i suoi dorsali contratti, le mani che scivolavano lungo l’addome… e più giù. Finalmente lo vidi per la prima volta. Era… così virile. Così… suo.
Un brivido mi corse lungo la schiena. Mi morsi il labbro, sentendomi già bagnata solo a guardarlo. Senza pensarci due volte, mi sfilai la maglietta del liceo, poi il reggiseno, la gonna… e le mutandine. Rimasi nuda davanti alla porta, il mio corpo giovane che tremava di desiderio.
Presi un respiro profondo. Ora o mai più.
Spinsi la porta. L’aria umida mi avvolse, il rumore dell’acqua coprì il mio ingresso. Lui non si accorse di me, intento a insaponarsi ovunque. Poi, con la mano tremante, gli sfiorai la schiena bagnata.
Si girò di scatto. Lo vidi nei suoi occhi, lo spavento iniziale che si trasformava in sorpresa, poi in sgomento. I nostri sguardi si incontrarono, i nostri corpi bagnati e nudi.
“Barbara…?” sussurrò il mio nome, nient’altro. La sua voce era un misto di sorpresa e tensione. I suoi occhi scorsero il mio corpo… il seno piccolo e sodo, i fianchi stretti, il mio pube già umido e palpitante.
Lo guardai con occhi imploranti. Mi avvicinai timidamente, appoggiandomi al suo petto. Non sapevo da dove stessi prendendo tutto quel coraggio, ma doveva capire. Desideravo questo momento da due anni. La mia pelle bagnata si fuse con la sua, il calore dell’acqua ci avvolse. Sentii il suo corpo caldo e muscoloso contro il mio.
“Lo so che non dovremmo, ma io… io ti amo, papi…” Alzai un dito e glielo posai sulle labbra, zittendo ogni possibile obiezione.
La mia mano scivolò più in basso, afferrando il suo membro con una decisione che non sapevo di possedere. Era già duro. Durissimo. Oddio, quante volte avevo sognato questo momento, di poterlo toccare, stringere tra le mie mani. Iniziai ad accarezzarlo dolcemente, inesperta, cercando il suo sguardo per approvazione. Lo guardai mentre la mia mano lo scopriva, rivelando la punta… una fitta di eccitazione mi strinse il basso ventre. Quella visione mi mandò in estasi. Se non fossi stata già completamente fradicia, avrebbe notato la mia intimità gocciolare.
Mi inginocchiai lentamente sul pavimento scivoloso della doccia, l’acqua che mi scorreva tra i capelli mentre lo guardavo da sotto le ciglia bagnate. Poi, non resistetti più, e lo presi in bocca.
Le sue dita si intrecciarono nei miei capelli. Era più grande di quanto avessi immaginato. Sentii il sapore salato della sua pelle mescolato all’acqua calda. Lo succhiai con voracità, le mie labbra strette attorno alla sua circonferenza, la lingua che giocava con la venatura sotto la punta. Lo stavo assaporando, me lo stavo gustando. Non volevo che uscisse più dalla mia bocca. Cercai di prenderlo tutto.
Non ci riuscii. Era la mia prima volta. Stavo andando bene? Speravo di sì, papi… volevo farti godere, volevo dimostrarti che potevo essere una donna per te.
Mi ero documentata. Sapevo che agli uomini piaceva anche farsi leccare le palle. Lo tolsi dalla bocca e lo strinsi di nuovo tra le mani. Iniziai ad accarezzarlo e la mia lingua calda gli accarezzò i testicoli. Ero in estasi. Non pensavo che mi sarebbe piaciuto così tanto il sapore del suo corpo. Ero così eccitata che avrei voluto leccarlo ovunque.
“Papi, sono brava a leccarti le palle?”
Non disse nulla. Mi sollevò bruscamente, schiacciandomi contro la parete fredda della doccia.
“Oddio…”
Il mio seno si appiattì contro il suo torace, le mie gambe si aprirono per accoglierlo.
“Sei sicura?” mi chiese con voce tremante.
“Sì, papi…” gli dissi, guardandolo negli occhi. Sapevo che poteva leggere il mio amore, la mia eccitazione. Avvicinai timidamente le mie labbra alle sue e lo baciai dolcemente, mentre il suo membro premeva contro la mia intimità.
“Papi, aspetta… mi farà male?”
Mi sussurrò all’orecchio che sarebbe stato delicato. Un brivido mi percorse tutto il corpo. Non vedevo l’ora di sentirlo dentro di me.
Con un gemito soffocato, mi penetrò.
“Aaaaaah…” Sentii il suo corpo farsi spazio dentro di me. “Aaaaah, oddio… aaaaaah…” Poi la spinta più profonda, quella che ruppe il sigillo della mia verginità. Il suo membro era completamente dentro di me. Sentii la mia intimità stretta avvolgerlo, stringerlo. Era calda, umida… e aspettava solo di essere sua.
Iniziò a muoversi lentamente. Le mie braccia si strinsero al suo torace e ricominciai a baciarlo.
Aumentò il ritmo. Le mie unghie graffiarono la sua schiena mentre mi riempiva con spinte profonde. L’acqua schizzava intorno a noi mentre mi scopava con sempre più vigore. Ogni movimento era un turbine di colpa e piacere, ma nessuno dei due voleva fermarsi.
Mi spinse ancora più forte contro la parete, il suo corpo che mi martellava con forza bruta.
“Aaaaah… aaaaah, oddio… ti amo, papi… aaaaah… aaaaah… aaaaaah…”
Stavo godendo così tanto. Ora sapevo cosa significava fare l’amore. Lo strinsi con le gambe, i talloni che premevano sui suoi glutei per farlo andare più forte, più in profondità. Mi possedeva con un ritmo primitivo. Le sue labbra si attaccarono al mio collo, mordendolo dolcemente, come se volesse marchiarmi. Non potevo sentirmi più felice. Volevo essere sua per sempre.
“Aaaaah… aaaaah… aaaaah… aaaaaaaah…”
“Sono… sono venuta…” ansimai, il corpo scosso da spasmi di piacere. Immaginavo fosse bello, ma non così tanto! Ero così felice. Mi stava scopando come una vera donna.
All’improvviso si fermò e si sfilò dalla mia intimità ormai dolente e sensibile. Capii subito cosa stava succedendo e mi inginocchiai di nuovo di fronte a lui.
Si masturbò con forza, il suo piacere che cresceva rapidamente, finché un getto caldo mi colpì il viso, mescolandosi all’acqua e scivolando su tutto il mio corpo.
Ci guardammo. “Grazie, papi…” sussurrai, alzandomi e abbracciandolo con tutto l’amore che provavo. “Grazie… ora sono una donna completa… grazie a te… ti amo…”
Ricambiò il mio abbraccio. Sentii ancora il suo membro pulsare tra le mie cosce. Ne avrei voluto ancora, ma sapevo che aveva bisogno di tempo. Presi un po’ di bagnoschiuma e iniziai a insaponarlo dolcemente. “Lascia che mi occupi io di te…” mormorai. “Ora rilassati… ci penso io a te… da oggi non dovrai più pensare a nulla… dopo ti farò anche un massaggio… ora rilassati… rilassati… rilassati…”
(Per la versione audio interattiva di questo racconto, CLICCA QUI)